4 ottobre 2023 – Lorenzo Freda
Recentemente è stato diffuso un podcast del professor Paolo Colombo, docente di Storia delle Istituzioni Politiche all’università Cattolica di Milano. Il titolo del podcast in questione è: “Olivetti e il primo PC. La grande opportunità perduta”. È interessante riportare le notizie di un telegiornale che, secondo lui, sarebbe potuto andare in onda in questi giorni se la storia italiana fosse andata diversamente:
“L’ANCSI (Agenzia Nazionale per il contenimento della supremazia italiana nel mondo) ha fornito il consueto rapporto annuale sullo stato del nostro Paese: debito pubblico e spread in calo costante (-86% e -130%). Lo spread tedesco in aumento del 152% rispetto a quello italiano. Il cancelliere ha chiesto un colloquio per ricevere ulteriori aiuti dall’Italia dopo quelli già più volte concessi. Il programma delle 3I (Innovazione, Intelligenza, Ivrea) ha concluso il 53° anno. Il numero dei brevetti è salito del 14% negli ultimi 12 mesi. In aumento anche le start-up che crescono ad un livello pari a quello di Israele. In aumento anche il numero dei laureati, che porta l’Italia in testa alla classifica OCSE. Disoccupazione giovanile ai tassi minimi della storia del Paese. Il numero di studenti Erasmus è in aumento costante (+52%)”.
Il professor Colombo conclude affermando: “Io ho nostalgia di un Paese che non c’è mai stato”. Probabilmente l’abbiamo tutti.
Il podcast offre numerosi spunti per analizzare l’attuale contesto della nostra Penisola. In prima battuta non si può non menzionare l’enorme problema del debito pubblico, che a luglio 2023 ha raggiunto la cifra record di 2.859 miliardi di euro. La Nadef (Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza) pubblicata pochi giorni fa, ha tenuto conto delle revisioni al ribasso sulle previsioni economiche italiane giunte dalle principali organizzazioni internazionali.
Quest’anno la crescita del PIL sarà dello 0,8% e non dell’1%, come precedentemente previsto. Nel 2024 si stima un’espansione dell’1% a politiche invariate e dell’1,2% con il contributo dei provvedimenti in manovra, mentre il rapporto debito-pil sarà al 140,1%, dal 141,7% del 2022. Nel 2024 l’indebitamento programmatico, che tiene conto dell’effetto delle misure della legge di bilancio, schizzerà al 4,3% dal 3,6% tendenziale. Ciò rappresenta uno sforamento di 14 miliardi di euro rispetto alle previsioni. Sono diversi i fattori che incidono su queste revisioni.
In primis la sempre più precaria condizione economica della Cina (nostro partner commerciale) afflitta da ingenti perdite nel settore immobiliare, opachi dati sulla disoccupazione giovanile, una deflazione che perdura da mesi e dall’aumento delle tensioni geopolitiche con gli Stati Uniti che possono peggiorare il flusso commerciale internazionale (con impatti anche per l’Italia).
L’Italia, come tutti i Paesi interconnessi globalmente, deve monitorare attentamente questi sviluppi e adottare politiche economiche adeguate a mitigare gli effetti negativi sul proprio PIL. Il nodo centrale resta, però, la guerra tra Russia e Ucraina che ha esacerbato l’aumento dei prezzi di materie prime ed energia, incidendo negativamente sull’inflazione italiana. Infine, l’aumento dei tassi di interesse operato dalla BCE a partire dal 2022 ha provocato un ulteriore incremento degli oneri finanziari. Quando la BCE aumenta i tassi di interesse di riferimento, infatti, i tassi di interesse sui titoli di debito pubblico italiani tendono ad aumentare anch’essi, seguendo il trend generale del mercato. Ciò significa che il governo italiano deve pagare tassi d’interesse più elevati sugli strumenti di debito emessi per finanziare il bilancio pubblico.
È perciò sempre più evidente l’esigenza da parte del Tesoro italiano di “fare cassa”, attraverso l’emissione di svariati titoli di stato dai rendimenti interessanti (per non dire stellari!). Tra questi troviamo il Btp Valore del mese di ottobre 2023, che attrae gli investitori privati a causa della possibilità di ricevere cedole trimestrali e flussi cedolari crescenti (bond step-up). Per capire meglio le performance di questi strumenti nel tempo è utile paragonare questo strumento al Btp Italia. Il Btp Italia, che è stato collocato lo scorso marzo, offre una cedola minima garantita del 2% annuo e una componente variabile che aumenta proporzionalmente al tasso di inflazione per le famiglie di lavoratori e impiegati (indice Foi). Il rendimento obbligazionario compensa cioè l’aumento dell’inflazione, proteggendo il potere d’acquisto dell’investimento.
Il Btp Valore, come il Btp tradizionale, al contrario non protegge dal rischio di inflazione: l’importo della cedola è definito ex-ante e non viene adeguato al costo della vita. Pertanto, un calo particolarmente rapido dell’inflazione premierebbe maggiormente i detentori del BTP Valore. Al contrario, un rialzo inatteso del caro-vita metterebbe in evidenza le qualità di tutela del potere d’acquisto del Btp Italia, la cui ultima emissione nel marzo 2023 fece gola a molti investitori (sottoscrizioni per la cifra record di 9,92 miliardi di euro!), ma che non ha fatto sorridere i risparmiatori con l’incasso della cedola semestrale a settembre 2023, ampiamente al di sotto sotto le aspettative. (cedola staccata al 14 settembre 2023 dell’1,342%).
Tutto questo, a fronte di focus mediatico che parlava di “corsa ai bond per le famiglie con un rendimento totale che parte dal 7-8%”(titolo in prima pagina del Sole24Ore del 4 marzo 2023). Le rilevanti cifre raccolte dallo Stato italiano purtroppo altro non sono che il sintomo di un Paese che ha bisogno di fare cassa per far quadrare i conti. Questo clima di fragilità e debolezza è causato dalla situazione di incertezza sui mercati finanziari, dalla politica monetaria sempre più restrittiva della BCE, che ha causato inevitabili perdite sul piano dei titoli di stato, e da un PIL che non riesce a tenere il passo del deficit. Il problema di fondo è che questi titoli, preferiti da molti risparmiatori privati, in definitiva, sono ulteriore “debito” per le casse dello Stato. Sarebbe utile interrogarsi sulle strategie di lungo termine del Paese Italia, prima di sottoscrivere i titoli del suo debito.
Tralasciando il patriottismo, una possibile risposta viene offerta dal ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, il quale ha di recente dichiarato:
“Temo le valutazioni dei mercati che comprano i titoli del nostro debito pubblico, non quelle della UE”.
Altro tema cruciale trattato dal ministro, è l’enorme ammontare degli oneri finanziari. Infatti, a seguito dell’aumento dei tassi di interesse da parte della BCE, l’Italia si presta ad avere un aumento sensibile degli interessi sul debito, tanto che il ministro ha affermato che:
“l’aumento sui tassi, porterà via 14-15 miliardi di euro, che saranno compensati con qualche altra cosa”.
L’attenzione in questo caso è concentrata sulla locuzione: “saranno compensati con qualche altra cosa…”. Già, ma cosa? BTP di nuova emissione? tagli alla spesa pubblica? La vera domanda resta: fino a quando “durerà la musica”? Il problema persiste e quando si analizza il tema da un punto di vista strutturale, l’equilibrio nei conti dello Stato pare essere un miraggio.
Oltre al debito, un secondo tema che affronta il podcast del prof. Colombo è legato al concetto di innovazione. Secondo un recente report di The European House-Ambrosetti e Workday, nell’ultimo triennio solo il 19% delle aziende italiane ha reinvestito più del 10% del proprio fatturato in progetti di digitalizzazione e il 25% non è arrivato a effettuare investimenti oltre 100mila euro. In altre parole, ci sono aziende in Italia che hanno difficoltà a fare il salto culturale necessario per essere veramente innovative. Secondo il rapporto, questi dati sono il frutto sia di una cultura aziendale inadeguata (per il 52%) che di una carenza di competenze (per il 48%).
Ultimo aspetto critico legato al contesto italiano è il tema dell’istruzione. In Italia c’è un aumento della percentuale di giovani senza lavoro, ma in alcune regioni del Sud e delle Isole più del 25% dei giovani adulti non ha completato il percorso di istruzione secondaria superiore. Il più alto livello di istruzione per oltre un terzo di 25-34enni è rappresentato da una qualifica tecnico professionale. È questo quanto emerso lo scorso martedì 12 settembre, presso la sala Aldo Moro del Ministero dell’Istruzione e del Merito, alla presentazione dei dati del Rapporto OCSE “Education at a Glance 2023“. Strettamente legato a questo tema è l’inadeguata alfabetizzazione finanziaria del nostro paese. Nel 2023, rispetto al 2020, il livello di alfabetizzazione finanziaria degli adulti in Italia, pur rimanendo su livelli bassi, è lievemente aumentato (da 10,2 nel 2020 a 10,6 nel 2023, su una scala da 0 a 20). Il punteggio complessivo relativo alle conoscenze, seppur in aumento, è comunque ben inferiore alla media Europea, sintomo di una cultura finanziaria inappropriata.
È quindi ragionevole sperare e augurarsi di poter vivere un giorno nel mondo, e nell’Italia, descritta dal professor Colombo nel suo podcast? Non è necessario trovare una risposta precisa. La cosa importante è quantomeno iniziare a prendere coscienza dei limiti del nostro sistema-Paese per affrontare le questioni anche più spinose in maniera non-ideologica e disinteressata: un punto di partenza indispensabile per formare una classe dirigente responsabile e lungimirante nel prossimo domani.
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