18 ottobre 2023 – di Gabriele Pinosa
Venerdì 20 ottobre l’agenzia di rating Standard & Poor’s emetterà il proprio giudizio sull’Italia, e verrà seguita a stretto giro da Fitch (10 novembre) e da Moody’s (17 novembre). Nel mezzo, il 27 ottobre, sarà il turno di DBRS, agenzia di rating europea. È un calendario di fuoco quello che attende il Bel Paese nelle prossime settimane, in quanto le quattro agenzie di rating più importanti al mondo saranno chiamate ad esprimersi sulla sua affidabilità creditizia. La delicatezza del momento è dimostrata dalla massima attenzione riservata dal Ministro dell’Economia e delle Finanze italiano all’incontro tenutosi in questi giorni con alcune di esse a Marrakech (Marocco), in occasione del vertice del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale Italia: Giorgetti, non temo agenzie rating, spiegati nostri punti di forza – Borsa Italiana.
Il ruolo delle agenzie di rating è ritenuto fondamentale nel contesto finanziario internazionale, in quanto esse forniscono informazioni cruciali agli investitori, alle istituzioni finanziarie e ai governi, consentendo loro di valutare il rischio associato e prendere decisioni informate. Le agenzie di rating valutano i dati finanziari e tutte le altre informazioni rilevanti per assegnare il rating (giudizio di affidabilità creditizia).
Le loro decisioni sono basate su modelli e metodologie interne sviluppate dagli analisti e dal team dalle agenzie stesse e riviste periodicamente sulla base delle mutate condizioni di governance politica, andamento dell’economia e sostenibilità del debito. Nel dettaglio, i rating emessi dalle agenzie hanno un impatto significativo in termini di accesso al credito, costo dei prestiti e fiducia che gli operatori di mercato hanno sul Paese o sulla società oggetto dei rating.
Un rating positivo può incoraggiare gli investitori ad acquistare i titoli di debito del Paese, riducendo così i costi di finanziamento e favorendo l’accesso ai mercati internazionali. Al contrario, una valutazione negativa può comportare un aumento dei tassi di interesse sui prestiti, limitare l’attrattiva degli investimenti esteri riducendo quindi la fiducia dei mercati finanziari. Per tutti questi motivi, l’accuratezza e l’obiettività delle valutazioni delle agenzie di rating sono di vitale importanza per il corretto funzionamento dei mercati globali.
Per comprendere un po’ meglio ruolo, potere e problematiche connesse alle agenzie di rating è utile fare un passo indietro, partendo dalla loro nascita. La storia del rating ha origini nella seconda metà del XIX secolo, in concomitanza con lo sviluppo del mercato finanziario e della diversificazione delle strategie di investimento Le agenzie di rating – CreditNews. Pioniere sono le imprese ferroviarie che in considerazione dell’enorme sviluppo iniziano a raccogliere capitale di credito attraverso l’emissione di obbligazioni. Nasce di conseguenza l’esigenza, da parte degli investitori, di conoscere l’affidabilità degli emittenti dei bond.
Nel 1860 Henry Varnum Poor pubblicò la “Storia delle ferrovie e dei canali negli Stati Uniti”, precursore dell’analisi dei titoli e del reporting che si sarebbe sviluppato nel secolo successivo. Nel 1906 si formò la Standard Statistics, che pubblicò le valutazioni (i rating) delle obbligazioni societarie, del debito sovrano e delle obbligazioni municipali. I rating venivano stampati su manuali annuali appositamente redatti e acquistati tipicamente dalle banche e dalle biblioteche (i clienti) a beneficio dei potenziali investitori. Il modello descritto entrò però in crisi per molteplici fattori. In primo luogo, molti rating erano resi noti alla comunità finanziaria con pesante ritardo essendo inseriti nel manuale annuale; al momento dell’utilizzo poteva ciò poteva rappresentare un’immagine statica già superata.
Nel 1941 la Standard Statistics si fuse con la Poor and Co. dando luogo all’attuale Standard and Poor’s. Se ad Henry Poor venne l’idea di valutare le performance e le prospettive di un’azienda, a John Moody si deve quella di valutare le stesse tramite “codici alfanumerici”, più velocemente e facilmente aggiornabili. Fitch Ratings fu fondata nel 1913 da John Knowles Fitch, con lo scopo di pubblicare statistiche finanziarie, divenendo da subito uno dei principali attori presso il NYSE (New York Stock Exchange). A Fitch va imputata la paternità della familiare scala di rating da “AAA” a “D”, usata già a partire dal 1924.
Il primo vero intervento normativo risale al 1936, quando l’Office of the Controller of the Currency (OCC) intervenne statuendo che le banche non potessero investire in obbligazioni inferiori all'”investment grade“, ossia al di sotto del rating BBB (designato all’epoca, e tuttora, da S&P come la soglia limite dei titoli a carattere “non speculativo”). In questo modo sia le banche sia gli emittenti furono, quindi, indotti a tenere conto dei giudizi espressi dalle agenzie, che iniziarono così ad influenzare direttamente sulla capacità di uno strumento finanziario di essere venduto sul mercato.
Nonostante la portata assolutamente innovativa della disposizione, nessun esplicito riferimento era fatto ai criteri in base ai quali selezionare le agenzie, i cui rating dovessero essere presi in considerazione. Venivano semplicemente richiamati i rating contenuti nei “recognized rating manuals“, implicitamente indicando quindi, quelli redatti dalle maggiori agenzie allora esistenti: Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch.
Nasceva così l’oligopolio delle “Tre Sorelle” americane dei rating. Che è arrivato praticamente indenne ad oggi, nonostante le numerose crisi di fiducia subite. Tra tutte, quella di Lehman Brothers a cui S&P’s mantenne il rating A fino al default, giustificandone il collasso più per l’improvviso mutamento di scenario, che per ragioni specifiche legate all’istituto bancario UPDATE 1-S&P offers rare defense of Lehman ‘A’ rating | Reuters. Quindici anni più tardi il quadro non pare cambiato, dato che Silicon Valley Bank (SVB) al momento del collasso (marzo 2023) godeva anch’essa del tranquillo rating A, assegnatole da Moody’s SVB Crisis: History Proves That Investors Who Rely On Ratings Agencies Burn Their Fingers (outlookindia.com).
Di fronte a tali accadimenti, sorge spontanea la domanda legata ai controlli sulle agenzie di rating (“quis custodiet ipsos custodes?”). E qui si scoprono i vulnus strutturali di tale processo. In primo luogo le agenzie di rating sono remunerate dagli stessi soggetti a cui assegnato il voto Agenzie di rating: cosa sono e regolamentazione | WSI (wallstreetitalia.com) e ciò pone il tema del potenziale conflitto di interesse del rapporto fornitore-cliente. Per quanto riguarda la regolamentazione, non ne esiste “una sola a livello globale”.
Negli Stati Uniti, dopo la Grande Crisi Finanziaria, la Dodd-Frank Wall Street Reform e il Consumer Protection Act del 2010 hanno ampliato i poteri della Security & Exchange Commission (SEC), prevedendo che le agenzie rendano note le proprie metodologie di rating del credito. La normativa europea prevede che la vigilanza delle agenzie di rating spetti alle autorità competenti dello Stato membro di origine (in Italia la CONSOB), in collaborazione con le autorità degli altri Stati membri interessati, avvalendosi del collegio competente e coinvolgendo l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA).
Venendo all’attualità, le decisioni attese sul debito pubblico italiano non dovrebbero riservare soprese negative per tre agenzie su quattro: S&P’s, Fitch e Dbrs (per tutte BBB, con outlook stabile). La questione risulta più delicata per Moody’s, il cui rating aggiornato al maggio scorso è Baa3 (cioè il livello più basso dell’investment grade) ma con “prospettive negative”, accompagnate da un paper in cui la stessa agenzia di rating evidenziava che l’Italia “rischiava di perdere l’investment grade”.
Qualora Moody’s dovesse abbassare il rating italiano (ad Ba1), Roma entrerebbe nella categoria speculative grade, con ripercussioni potenziali per numerosi portafogli di investitori istituzionali, per i quali vi sarebbe un incentivo (in alcuni casi un obbligo!) allo smobilizzo. Più che il livello generale dei tassi (influenzato dallo scenario globale), le tensioni in essere sullo spread italiano (differenziale tra il tasso dei BTP10Y e BUND pari scadenza) sono il termometro della valutazione del mercato finanziario al rischio di declassamento del debito italiano che dovrà pertanto rimanere sotto stretta osservazione nelle prossime settimane.
E ciò pur nella piena consapevolezza che il tema di antica memoria del “chi controlla i controllori” risulta tutt’altro che risolto per le agenzie di rating.